Da bambina passavo la maggior parte del mio tempo alla corte di Vienna, avevo molte sorelle e fratelli, una carrozza e tanti amici.
Fu allora, all’età di circa otto anni, che scoprii di essere una strega.
Poi a quattordici chiusi la corte di Vienna e la magia dentro il cassetto dell’infanzia e, decisa, mi misi a studiare per diventare stilista.
Credo che non avrei più riaperto quel cassetto se il mio occhio sinistro non si fosse messo di traverso nel mio percorso di vita e professionale.
Sono nata con un problema congenito all’occhio sinistro e quando pensavo fosse definitivamente risolto, l’occhio cominciò a vedere per metà. Distacco della retina. E poi via via una serie d’interventi sventurati, glaucoma e nulla di fatto, anche l’altra metà di vista si affievolì piano piano. Durante quegli anni mi realizzai professionalmente e mi chiusi a livello emotivo. Procedevo sulla strada che avevo deciso di intraprendere come una macchina, rigida, accelerata, l’occhio rappresentava una seccatura nello svolgimento del mio lavoro.
Credo che mi abbia preso per sfinimento. L’occhio intendo. Sì, è grazie alla sua tenacia che ho cominciato a cercare di capire cosa potevo fare realmente io in tutto quello che mi stava succedendo. Insomma, se nessuno, nemmeno i numerosi medici, riuscivano a risolvere i miei problemi, anzi non facevano altro che peggiorarli, c’era qualcosa che potevo fare io per questo maledetto/benedetto occhio? C’era qualcosa che potevo fare per me?